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teoria della mente

2025-07-10 17:37

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otto domande,

teoria della mente

La teoria della mente, secondo cui avremmo acquisito la percezione dell'altro che pensa, cioè che il nostro pensare (legato al linguaggio cioè alla comunicazion

   La teoria della mente, secondo cui avremmo acquisito la percezione dell'altro che pensa, cioè che il nostro pensare (legato al linguaggio cioè alla comunicazione con l'altro) esista anche per l'altro.

Per gli scimpanzé, e per i nostri progenitori prima che avvenisse la speciazione, questo non avviene.

Ogni soggetto resta nel suo mondo e non sa vedere l'altro come condivisore del suo mondo di pensieri, fuori che dalle dinamiche naturali, selezionate naturalmente per la sopravvivenza, il nutrimento, la riproduzione.

   Questa capacità peculiare degli umani è alla base del linguaggio simbolico, un aspetto fondamentale della comunicazione interazione sociale e quindi della coscienza.

   E' talmente connaturata al nostro essere umani che per capirla possiamo confrontarla con il nostro rapporto con gli animali domestici. 

   Quando ci rivolgiamo ai nostri gatti, cani eccetera, a volte ci parliamo, ci comportiamo come se entrambi, umani e animali domestici, condividessimo lo stesso linguaggio verbale e affettivo. Sappiamo che non è così, che il loro amore per noi è soprattutto opportunismo, espressione di dinamiche innate di spirito gregario, ma noi pensiamo invece che ci capiscano, che vogliono bene a noi per noi stessi, come se anche loro condividano con noi il pensare consapevole.

   Da cosa è scaturita, da dove proviene questa facoltà nostra di pensare e di proiettare il pensare anche sull'altro oltre noi? 

   Ipotesi: Le madri all'alba della origine della specie umana, nell'accudire sempre più a lungo i cuccioli sono entrate sempre più in simbiosi con i loro sguardi, gesti, segnali, bisogni, fino a proiettare su di loro i propri pensieri, portandoli a rispondere, a identificarsi con essi.

   Nel rapporto tra madre e figlio si svilupperebbe il possibile processo per attivare questa percezione. 

   Poi certo nell'età adulta per maschi e femmine ci sarà stata una ricaduta di questa percezione nelle dinamiche riproduttive, in quelle sociali, nella elaborazione di strategie di caccia eccetera, ma questo sarebbe arrivato dopo (in conseguenza). 


 

   Una interessante suggestione sulla teoria della mente applicata al desiderio maschile. 

gli uomini spesso pensano alla nudità femminile come segnale di attrazione e disponibilità sessuale.

   E' comune per un uomo interpretare gesti, forme, abbigliamento, pose delle femmine come segnali di seduzione /disponibilità e attrazione sessuale. 

Cioè danno per scontato che anche la donna pensi allo stesso modo (teoria della mente), cioè voglia comunicare le stesse cose, invece che vedere in essi (segnali, pose ecc) il “bisogno” di essere accettate nel gruppo sociale (tramite la moda, la religione eccetera) o comunque un loro gesto personale.

   La mente del maschio presuppone il corrispettivo nella mente della femmina, così come nello sguardo implorante del nostro animale domestico presupponiamo quello che vogliamo noi: affetto, amicizia, dedizione, e non vediamo certo quello che l'animale sente davvero.


 

    Ipotesi sulla natura della teoria della mente diversa per maschi e femmine. 

Perché nella femmina è così diverso, in ambito sessuale, il processo di proiezione sull'altro di un pensiero legato a segnali presunti di attrazione?

    Potrebbe essere che questo rifletta diversi tempi (durante la speciazione dei sapiens) della acquisizione di coscienza:

1° - il tempo passato dalla femmina con il cucciolo;

2° - a sua “identificazione” come individuo; 

3° - la richiesta al maschio di sganciare la sessualità dai principi primordiali del dominio legato all'estro e di riconoscerle come soggetti di desiderio.

   Le femmine avrebbero da qui elaborato segnali e comportamenti autonomi, nascondendo quelli primordiali (odori, pulsioni ormonali), su cui i maschi hanno proiettato la loro teoria della mente.

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